Fenomeno “Italian Sounding”: Combattere le Frodi Alimentari con la Tecnologia Block Chain.

Oltre 54.000 i controlli effettuati nel 2023 dall’Icqrf (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari) che ha effettuato 551 sequestri per un valore totale di 42,5 milioni. 

Questo è il bilancio più recente di un quadro generale che restituisce una visione chiara: il Falso Made in Italy agroalimentare è un problema crescente e rappresenta, a livello mondiale, un fattore che incide negativamente su potenzialità e performance della produzione e delle vendite da parte delle imprese italiane coinvolte. 

A ciò si aggiunge la questione “Italian Sounding”: un fenomeno imitativo – dunque, non sempre di natura fraudolenta e pertanto sanzionabile come tale – che da alcuni anni mira in modo diretto ai mondi delle eccellenze agroalimentari Made In Italy, primo tra tutti quello del vino. 


 

Fenomeno “Italian Sounding” 

A quanti sarà capitato di imbattersi in prodotti dagli aggettivi che rimandano a luoghi noti, connotazioni geografiche o espressioni tipicamente italiani?  Ecco, vi siete trovati difronte ad un esempio di “Italian Sounding”. 

Prodotti accompagnati, tra l’altro, da espressioni quali “stile”, “secondo la tradizione”, “secondo la ricetta tipica” o da immagini e colori associabili al tricolore della bandiera italiana? 

Particolarmente diffuso in paesi come Stati Uniti, Canada, Australia, America Latina e diversi mercati europei, è una forma di contraffazione del Made in Italy che sfrutta la fama e l’attrazione della gastronomia italiana per vendere prodotti che non rispettano gli standard di qualità e autenticità italiani, danneggiando così l’economia italiana e le esportazioni agroalimentari.  

Questo fenomeno trae letteralmente in inganno il consumatore facendo leva su richiami e similitudini attraverso l’utilizzo di marchi che “suonano” come italiani, che rimandino alla traduzione in lingua italiana o che siano direttamente accompagnati da termini come “Italy” o “Italian”. 

C’è anche chi utilizza nomi di fantasia che storpiano quelli della denominazione di origine – basti pensare, ad esempio, ai vini “Barollo”, “Montecino” o “Vinoncella” – in una lista di imitazioni e contraffazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi che va man mano crescendo. Qualche altro esempio? Il “Bordolino” argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore, il “Kressecco” tedesco, il “Barbera” bianco prodotto in Romania e il “Chianti” fatto in California, senza dimenticare il Marsala sudamericano e quello USA. 

Le conseguenze ci sono e colpiscono i produttori – costretti a ridurre qualità, prezzo e livello di competitività all’interno del mercato export di riferimento, rischiando così di impoverirsi – quanto i consumatori, che ricevono prodotti scadenti. 

 

Contraffazione Vitivinicola

In questo settore – tra i più colpiti – la frode maggiormente utilizzata è la ri-etichettatura di prodotti economici: una forma di promozione e commercializzazione che induce ingannevolmente a credere di trovarsi difronte a prodotti autentici italiani. 

In realtà, questi prodotti sono spesso realizzati da compagnie che importano materie prime a basso costo dall’estero per poi avviare il processo di lavorazione in Italia, oppure da aziende italiane acquisite da realtà straniere che utilizzano il prestigio associato a queste ultime per incrementare le vendite. 

Il Prosecco è tra i prodotti più bersagliati con la Coldiretti che ha smascherato il “Meer-secco”, il “Kressecco”, il “Semisecco”, il “Consecco” e il “Perisecco” tedeschi, ma in commercio sono arrivati anche il “Whitesecco” austriaco, il “Prosecco” russo e il “Crisecco” della Moldova, mentre in Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la Denominazione “Prosecco” nell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur. 

 

Frode batte –  Blockchain e Legge Rispondono 

Al contesto fino ad ora descritto bisogna aggiungere un elemento fondamentale cioè la complessità delle filiere nei mercati globali che, di fatto, non facilita la situazione: la partecipazione locale e internazionale di numerosi operatori e la conservazione delle informazioni in sistemi isolati e accessibili solo a specifici partner della catena di approvvigionamento rendono difficile determinare l’origine delle merci. 

Giunge, così, in risposta l’adozione da parte di molte aziende del settore Food & Beverage di tecnologie come RFID, NFC, Internet of Things, Intelligenza Artificiale e Blockchain. 

Un esempio su tutte è la Tecnologia Blockchain che consente di conoscere, attraverso etichette Intelligenti provviste di QR Code, la tracciabilità completa dell’intero ciclo di vita del prodotto: dalle materie prime utilizzate, alle fasi di produzioni, condizioni di trasporto e stoccaggio, lavorazione, distribuzione e vendita lungo l’intera catena di approvvigionamento. 

Alle tecnologie si affiancano e si rafforzano misure legali a tutela del Made in Italy. 

La lotta, infatti, non comprende solo la risposta alla contraffazione intesa come violazioni di marchi registrati, denominazioni di origine (es. DOP, DOC, DOCG, IGP), del logo, design e copyright (con possibili gravi implicazioni igienico-sanitarie) ma anche la volontà di proteggere l’identità territoriale e la qualità dei prodotti italiani da frodi effimere come l’Italian Sounding attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione per i consumatori. Il fine è quello di educare i consumatori, aiutando nella a distinguere i veri prodotti italiani da quelli imitati, promuovendo l’acquisto consapevole e sostenendo così l’economia locale. 

C’è, inoltre, tutto un apparato di natura legale che nel tempo ha stabilito e definito sempre nuove e più forti tutele: da maggiori controlli e certificazioni, al sostegno finanziario e di consulenza alle imprese. Troviamo anche il Decreto legge n. 34 e il DDL del 2023 – che include misure di protezione e valorizzazione del Made in Italy, inasprimento delle sanzioni contro la contraffazione e agevolazioni fiscali – e la promozione di accordi commerciali volti a ridurre le barriere tariffarie e doganali con clausole contro l’evocazione ingannevole dell’italianità. 

Conclusioni

Questa condizione di totale trasparenza rassicura gli acquirenti che – potendo seguire l’intero processo produttivo – hanno la certezza di non incorrere in frode e la possibilità di valutare la qualità del prodotto ancora prima dell’acquisto effettivo.  

D’altro canto, accanto all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia è di norme sempre più stringenti, si promuove un certo livello di auto-responsabilizzazione e di self-reputation per le aziende coinvolte che, da responsabili in prima linea, possono detenere un tracciamento accurato delle responsabilità, tutelando e tutelandosi con maggiore incisione.
Non di meno, archiviare tutte queste informazioni su un registro digitale permette di valorizza l’intero processo di produzione, di esaltare la storia, la qualità e sostenibilità assicurando l’autenticità tanto cara ai consumatori finali.
 
 

Queste scelte di direzione sono in grado di proiettare la crescita della capacità di domanda e offerta all’interno delle filiere autentiche e legalmente autorizzate come primo e principale mezzo di contrasto contro condotte scorrette e frodi nel mondo del commercio agroalimentare. 

 

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