Brevetti: come, quando e perché sono nati?

La storia dei brevetti ha inizio in Magna Grecia, più precisamente in Calabria.

 

Nella città di Sibari, racconta lo storico Filarco, fu concessa un’esclusiva di 12 mesi al cuoco che inventò una nuova deliziosa pietanza. In generale, nell’Antica Grecia “veniva offerto un incoraggiamento a tutti coloro che realizzavano un qualsiasi miglioramento al benessere, i relativi guadagni essendo assicurati all’inventore per un anno”.

 

Un concetto certamente molto simile al brevetto, ma ancora solamente simbolico e non regolato da norme giuridiche specifiche.

 

Il primo brevetto vero e proprio della storia risale al 1421 e fu concesso all’architetto Filippo Brunelleschi, alle prese con la costruzione del Duomo di Firenze. Per trasportare i preziosi marmi dalla città di Carrara fino a Firenze lungo il fiume Arno, il Brunelleschi progettò una chiatta chiamata “Badalone”, ottenendo un brevetto esclusivo della durata di 3 anni.

 

Trent’anni più tardi, fu il re Enrico VI d’Inghilterra ad estendere la licenza di inventore fino a 20 anni, a favore dell’artista vetraio Giovanni di Utynam. 

 

Nella seconda metà del ‘400 fu redatto lo Statuto dei brevetti veneziani, per regolamentare la nuova separazione tra processi artigianali e industriali, specialmente per quanto riguardava i sistemi di produzione del vetro veneziano.

 

Nei secoli a seguire in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti si diffusero le litterae patentes, lettere aperte di concessione per l’invenzione, l’importazione e la distribuzione di prodotti innovativi.

 

Ma la vera svolta in tema di brevetti si ebbe a seguito della Rivoluzione Industriale.

Il 20 marzo 1883 fu firmata da 11 Stati la Convenzione di Parigi per la Protezione della Proprietà Industriale allo scopo di assicurare i diritti di proprietà industriale in tutti gli Stati membri.
I primi Stati firmatari furono: Italia, Belgio, Brasile, Francia, Guatemala, Paesi Bassi, Portogallo, El Salvador, Serbia, Spagna e Svizzera.

Oggi la Convenzione di Parigi è ancora valida in 177 Paesi del mondo ed è amministrata dall’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO), con sede a Ginevra.

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