Parla la Storia: il brevetto nasce in Italia

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Ebbene sì il brevetto nasce in Italia. Vi racconterò perché con due storie. La prima ambientata a Venezia nel 1474 la seconda in Calabria, molto ma molto tempo prima.

Non sarà a voi estranea la diatriba secolare e irrisolta, tra Italia e Inghilterra, per l’attribuzione di tale importante traguardo; ma molti di voi non sanno che fonti storiche certe fanno risalire le origini del brevetto, o una sua formula primitiva, nel VII secolo.

Siamo nel 1474, a Venezia e, la Repubblica, consapevole dell’incalcolabile potenziale di guadagno per la società, decide di tutelare attraverso lo Statuto dei Brevetti, le opere di ingegno di artigiani e inventori.

A motivare lo Statuto:

Abbiamo fra di noi uomini di grande ingegno, atti a inventare e scoprire dispositivi ingegnosi: ed è in vista della grandezza e della virtù della nostra città che cercheremo di far arrivare sempre più uomini di tali specie ogni giorno

Tuttavia si dimostrò un’istituzione dalle deboli entità e circoscritta nell’ambito territoriale della Repubblica di Venezia.

C’è poi da ricordare il tentativo del Brunelleschi di portare a compimento la sua invenzione di una nave atta a trasportare marmo. Nonostante l’effettivo deposito nel 1421, a Firenze dell’opera non si dimostrò efficacie a causa proprio del fallimento della costruzione. Questo perché si trattava più che altro di accordi privati, con le corporazioni che tutelavano le invenzioni che poi sfruttavano solo per adoperarle a proprio vantaggio e per escludere altri concorrenti dal medesimo utilizzo.

A tutti gli effetti il regime delle invenzioni inizia ad attirare l’attenzione dei poteri forti solo nella seconda metà del 1600 quando cioè in Europa iniziarono a fiorire ì, per il fervore intellettuale dell’epoca, le prime accademie. La prima fu proprio quella inglese nel 1662 la celebre Royal Society, a seguire quella francese Académie des Sciences e solo un secolo più tardi in Italia nacque l‘Accademia delle Scienze di Torino.

I problemi non mancavano, primi tra tutti l’individuazione dei criteri di valutazione di un’invenzione degna di esser depositata e quindi riprodotta e monopolizzata (per un certo periodo di tempo). A tal pro sorsero le prime commissioni di valutazione, ma l’evoluzione del sistema commerciale internazionale, di quello scientifico-tecnologico hanno poi contribuito a rendere necessario un regime di ampliamento dei depositi al di là dei confini nazionali.

Il sistema più libertario e di certo più concorrenziale evidenziò una corsa oltreoceano. Sul finire dell’800, quando cioè l’impulso divenne più pragmatico e la disciplina sul tema più avanzata, anche grazie al fiorire dell’industria.

E’ il 1855 quando il Conte Camillo Benso vara la legge sulle privative industriali, per dare maggiore risalto alla vocazione internazionalistica del commercio e della circolazione dei prodotti (e dunque delle invenzioni) . E’ in questo periodo che emerge la figura dell’inventore ed è in questo preciso momento storico che ci si rende conto che brevettare all’estero risulta essere una scelta che premia il creatore e la società che lo ha portato alla luce, da lustro alla cultura a cui appartiene e mantiene viva la corsa al miglioramento.

Tutti ci ricordiamo di Meucci, Marconi, Fermi, Volta ecc… ma forse non tutti sanno che il primo italiano a depositare un brevetto negli States si chiamava Clemente Masserano, il 7 ottobre del 1851 con patent n. 8417, l‘Impulsoria.

Sul finire del secolo lo spazio venne ceduto alle fabbriche, alle corporazioni, ai collegi direttivi delle industrie che misero in ombra le gesta eroiche degli inventori premiando più un team, un equipe di tecnici, collettivamente intesi.

Ma veniamo alla seconda storia, quella che ci calza meglio, quella che ancora una volta, traccia nelle radici del mondo antico le sue tracce.

Ci troviamo in Calabria,  alto Jonio cosentino, a Sibari per l’esattezza nel VII secolo a.C. e qui viene concesso il primo monopolio per una “originale creazione di ingegno umano”. Sibari era un’antica e potente colonia magno-greca, ricca e la sua posizione strategica le concesse un primato commerciale per molto tempo nello stivale. I traffici migliorarono il benessere e con queste anche le garanzie sulle creazioni dell’uomo.

Questa sorta di brevetto altro non era che la registrazione di una ricetta culinaria, presumibilmente il Kandaulos, una pietanza di carne bollita, briciole di pane, anice, brodo grasso accompagnato da tuberi e verdure. 

“I Sibariti stabilirono per legge che”…”se un cuoco o un addetto alla cucina avesse inventato una ricetta originale ed elaborata, nessun altro a parte l’inventore potesse trarne profitto prima del termine di un anno e che durante questo periodo egli solo avesse l’esclusiva della riproduzione, affinché gli altri, dandosi da fare essi stessi, eccellessero con simili invenzioni”. (Ateneo di Naucrati che riprende le informazioni da Filarco)

A confermare questa ipotesi le scoperte storiografiche di Filarco l’ateniese vissuto nel II secolo d.C. Vi è una lapide (reperita negli scavi archeologici della Piana) che conferma, nel suo epitaffio, l’incoraggiamento nei confronti di chiunque contribuisse con il proprio ingegno al miglioramento del benessere. Si dice inoltre che tale concessione di monopolio fosse concessa al richiedente per soli 12 mesi e che durante tutto questo periodo egli potesse goderne dei vantaggi economici derivanti dall’utilizzo.

Non un vero e proprio brevetto: “non costituiva un privilegio concesso ad personam  come compenso per un servizio reso allo Stato (…) ma era un diritto che per legge era accordato a chiunque nella propria attività professionale (‘cuoco’) o, anche nella propria abituale attività domestica (‘addetto alla cucina”) avesse inventato una pietanza, utilizzando una sua ricetta “nuova ed originale”.

E’ un segno che la nostra civiltà ha impresso nella storia, e checché ne dicano è di nazionalità italiana. Certo non è un vanto ma contribuisce ad accrescere la visione di un popolo e di una cultura di cui spesso dimentichiamo l’importanza. La memoria storica è importante e restituisce meriti al nostro Paese, che possiamo emulare anche alla luce delle potenzialità che ancora oggi deteniamo nel Mondo.

[Per saperne di più: Placido Scaglione, Il brevetto di Sibari e le anticipazioni storiche della gente di Calabria, Franco Pancollo Editore, 2008. Nel testo si nota la somiglianza del potere “alios excludendi” con l’articolo I, sezione 8 della Costituzione degli Stati Uniti d’America, per quel che attiene le finalità delle invenzioni: “competizione fra inventori, l’innovazione e il progresso“]

[Crediti foto]

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