Stampa 3D: l’innovazione più rivoluzionaria di sempre

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Una delle innovazioni più rivoluzionarie del mondo contemporaneo è la Stampa 3D, sia per la possibilità di applicazione in vasti settori del mercato sia per i bassi costi di produzione: il futuro della produzione industriale e del “fai da te”.

La prima volta che la Stampa 3D è stata presentata al grande pubblico è stata nel 2011, in una delle puntate di Super Quark, da Piero Angela. Da allora le principali industrie dedite all’alta tecnologia hanno iniziato ad investire, risorse fisiche e umane, nel progettare, produrre e diffondere strumenti e oggetti inerenti ad una delle più innovative applicazioni tecniche che l’umanità abbia mai conosciuto.

Nel febbraio 2011 poi, in uno degli editoriali de “The Economist” s’è rilevato che da li a breve si sarebbero poste sul mercato, tecnologie quali vettori principali di mutamento del modo di produrre, esattamente come avvenne grazie alle rivoluzioni industriali. Questo perché i costi di produzione della strumentazione e della diffusione mondiale della tecnologia e degli studi, non comporta eccessivi oneri o investimenti né per i privati consumatori appassionati né per le industrie. Inoltre se si pensa che allo stadio attuale ci troviamo ancora in una fase di “pre-industrializzazione” della stampa 3D, il fatto di essere quasi completamente accessibile al grande pubblico ne sottolinea il potenziale di diffusione lungo due paralleli binari: quello privato, del maker o del semplice hobbista e quello della produzione industriale.

In quest’ultimo campo l’applicazione s’è registrata in vasti campi merceologici e produttivi, da quella meccanica a quella siderurgica, da quella industriale a quella medica, dai giocattoli alla bioingegneria.

Nell’articolo di cui sopra, l’Economist sottolinea poi che, sin dagli inizi, l’utilizzo di stampanti 3D costa meno di quanto costava nel 1985 la stampa laser. In sostanza è un’innovazione relativamente economica anche se risulta difficile al momento, predire con certezza i reali effetti futuri. Ci si affida al momento a sviluppi o nelle macroaree ipertecnologgizate (protesi biomediche ad esempio) o nella prototipazione una volta molto meno accessibile.

Uno degli aspetti che ha maggiormente contribuito a renderla più accessibile, consentendo anche ai piccoli investitori di aprirsi al 3D è stata la scadenza del brevetto della Stampante 3D a tecnologia FDM prima e quella SLS, dopo (rispettivamente “Fused Deposition Modeling” e “Selective Laser Sintering, quest’ultima rilasciata a febbraio del 2014). La loro liberalizzazione, per così dire ha prodotto sul mercato una veloce evoluzione e miglioramento delle stampanti 3D fino ad allora prodotte, aumentandone quindi la concorrenza e i campi di applicazione e facendone diminuire costi.

Uno dei più importanti produttori mondiali di stampanti 3D è la MakerBot (acquisita poi da Stratasys).

Numerose startup hanno iniziato sin dagli albori a investire nel settore e in Italia si registra una grande spinta entusiasta, la stessa che ha portato Andrea Radaelli a fondare la leccese ShareBot. La startup è nata nel 2011 e da allora ha potuto diffondere in laboratori di tutt’Italia, i famosi FabLab, diversi modelli di stampanti 3D, dalle più semplici alle più sofisticate. In 13 Regioni di Italia e in molti laboratori sparsi per il Mondo è possibile trovare una qualche stampante prodotta da ShareBot. Da semplici esperimenti in garage, tra amici appassionati ora hanno addirittura creato la ShareBot Academy per distribuire e incentivare la diffusione capillare di questa incredibile tecnologia.

Gli utilizzatori italiani che tra i tanti si distinguono hanno a che vedere con il design nautico, semplici hobbisti, industrie del settore meccanico, metalmeccanico e siderurgico, nonché il settore della ricerca e della prototipazione, dell’energia e della grafica o del design.

Sembra, alla luce di questa realtà, che investire nel settore, anche attraverso startup sia una delle possibilità più redditizie e più interessanti. Cosa che del resto è successa a Ravenna con la creazione della stampante più grande al mondo (12 metri x sette) che permetterà di produrre case a basso costo o, ancora la stampante per consentire ai non vedenti di tastare il calco del feto prodotto al posto della classica fotografia dell’ecografia.

Una serie di sconvolgenti e utili scoperte e applicazioni, come la produzione di organi per l’autotrapianto (staminali) giusto per dirne una tra le più importanti o la produzione di pezzi per veicoli ipertecnologici come lo Shuttle riducendo il pericolo di disintegrazione con l’atmosfera.

Che non voglia davvero significare il cambiamento verso un nuovo modo di produzione? Certo è che molti posti di lavoro potrebbero esser compromessi da una produzione vieppiù automatizzata e con pochi passaggi di filiera; la diffusione capillare nelle produzioni industrializzate potrebbe aumentare notevolmente la piaga della disoccupazione ma potrebbe esser coadiuvata e sostituita dalla progressiva professionalizzazione di specialisti e manutentori.

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