Vincenzo Tiberio: la penicillina scoperta scientifica italiana?
Vincenzo Tiberio sarebbe padre della scoperta scientifica italiana della penicillina ben 35 anni prima di Fleming. Tra onore militare e entusiasmo per la scienza si distinse per i suoi meriti ma morì giovane, e noi lo ricordiamo così.
Il ruolo che abbiamo nei confronti della storia è quello di acquisire consapevolezza sul valore che siamo stati in grado di produrre nel corso dell’umanità e delle invenzioni che hanno contribuito a migliorarla. L’Italia ieri e molti italiani oggi, ed è il caso di ricordarlo, ha contribuito a rendere il mondo a misura dell’uomo moderno e anche se spesso ignorati avvertiamo il peso della diversità rispetto ai grandi Paesi. Ma non abbiamo assolutamente nulla da invidiare anzi, è bene ricordarci e ricordare agli altri quali grandi passi abbiamo compiuto.
Un esempio è fornito proprio dalla scoperta scientifica italiana, per un certo verso, della penicillina. Ebbene sì.
Come accade per quasi tutte le grandi scoperte : “Vince chi arriva prima!”. Ma ciò non significa che gli inventori e gli scienziati si alzano di buona lena la mattina e decidono di inventare qualcosa di utile all’uomo. Ogni invenzione è il frutto del pensiero dominante (o contro-tendente) dell’epoca, frutto di una cultura e di discorsi intellettuali prodotti da una vasta comunità scientifica che vi si interessa. Chiaro è che in determinati contesti c’è chi ci si avvicina prima, chi “scava in profondità” per tutta la vita per inseguire la propria intuizione e chi riesce ad andare oltre e a superare (magari semplici) impasse, risolti perché visti con altri approcci o prospettive.
Questo è quello che è accaduto ad esempio per la penicillina. Lo sappiamo è un’invenzione attribuibile ad Alexander Fleming, ma forse non tutti sanno che fu il nostro connazionale Vincenzo Tiberio (1868-1915) a precorrerne la sua scoperta, poiché ben trentacinque anni prima individuò in alcune muffe (colonie fungine) il potere battericida e chemioterapico.
Svolse gran parte del suo servizio nel campo militare in qualità di medico della Marina e i suoi studi furono rivolti principalmente a risolvere le carenze legate ad una scarsa alimentazione dei marinai. Per quel che riguarda la scoperta qui in oggetto, nel 1895 capì che determinate muffe avevano la capacità di influenzare il divenire di infezioni immunitarie.
Tutto nacque dall’osservazione e sperimentazione quotidiana personale, dal pozzo della casa degli zii ad Arzano, per la precisione; l’utilizzo di quell’acqua cessava di funzionare come “protettore delle infezioni gastrointestinali” solo quando veniva pulito. Le sostanze stagnanti insieme all’acqua del pozzo anticiparono infatti la scoperta degli antibiotici una delle invenzioni che più rivoluzionò la qualità della vita. Usando dei terreni di coltura, nei laboratori dell‘Istituto di Igiene dell’Università di Napoli per il quale poi lavorò, fece sviluppare delle colonie di tre differenti tipologie di iformiteci (funghi imperfetti) e dimostrò estraendone una sostanza (in vivo, in vitro e su cavia) il potere effettivamente battericida su Tifo e Colera. I risultati della sua scoperta furono nel 1895 pubblicati sulla rivista scientifica “Annali d’Igiene Sperimentale” dell’Università di Roma ma non continuò il suo lavoro di studioso per dedicarsi alla carriera di Medico nel Corpo della Marina Militare.
Una carriera di successo, sicuramente e quando avrebbe potuto dirigere la comunità scientifica dell’Università di Napoli che pure lo aveva formato fu stroncato da un infarto.
Menti, geni creativi, inventori e ricercatori. L’Italia, è bene sottolinearlo è anche questa! E il futuro dell’umanità risiede nell’innovazione e nelle opere di ingegno, che devono essere protette, tutelate e valorizzate.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.